Questo sito utilizza cookies tecnici e analitici di terze parti anonimizzati (Google Analytics) che non richiedono il consenso preventivo dell’utente.
I primi, di natura tecnica, garantiscono la normale navigazione e fruizione del sito web; i secondi analizzano in forma anonima e/o aggregata le informazioni sull'uso del sito da parte dell’utente (pagine visitate, etc.) per fornire una migliore esperienza di navigazione.
Ulteriori informazioni sui cookies utilizzati da questo sito web e sulla protezione dei dati personali trattati da Mediobanca sono disponibili accedendo rispettivamente alla sezione cookies e alla sezione privacy del sito web.
Cliccando sulla X in alto a destra chiuderà il presente banner e potrà continuare la navigazione sul sito web di Mediobanca.
Loading...

La fusione Montecatini – Edison (1965-1971). Materiali dall'Archivio di Mediobanca

  • Autore: Giorgio La Malfa, Taddeo Molino Lova
  • Publication year: 2023
  • Publication place: Milano
  • ISBN: 978-88-941053-7-7

Presentazione - di Renato Pagliaro

I documenti di archivio qui raccolti si snodano intorno alle vicende del Patto di Sindacato Montedison tra la sua costituzione nel 1966 e il 1970 e, di riflesso, raccontano la storia del gruppo chimico in quegli anni. Inutile aggiungere che si tratta di documenti interessantissimi e, soprattutto, di facile e coinvolgente lettura.

Diciamo subito che però non svelano chi (o più probabilmente coloro) concepì la fusione Montecatini – Edison. Dal verbale della riunione del 19 luglio 1965 in cui i due AD affidano al dott. Cuccia la determinazione del rapporto di concambio (malgrado il conflitto d’interesse di Mediobanca, socia di Montecatini ma non di Edison) emerge infatti con chiarezza che il banchiere era già a conoscenza del progetto. Ancora, nella riunione di Sindacato del 21 maggio 1969, una sorta di “seduta di autocoscienza” dopo un fresco smacco assembleare in cui ciascun partecipante ricostruisce a proprio beneficio le ragioni dell’ingresso in Montedison, il prof. Visentini (IRI) richiama le trattative condotte tra l’ing. Pirelli e i due AD quattro anni prima ma l’interessato precisa che si limitò a “fare incontrare nel suo ufficio le parti che poi svolsero la trattativa”.

In astratto, la fusione aveva un solido senso industriale (Edison da una decina di anni aveva avviato importanti investimenti nella chimica) e finanziario (il gruppo ex elettrico poteva contare sulle ricche rate annuali dell’indennizzo ex nazionalizzazione per coprire i fabbisogni finanziari) ma si è rivelata sostanzialmente un fallimento per ragioni diverse.

La principale a mio avviso risiede in una sorta di postulato che escludeva riorganizzazioni che comportassero perdite di posti di lavoro; postulato che non viene messo in discussione neppure dai privati avv. Agnelli e ing. Pirelli. Ovvio che l’impossibilità di ricercare efficienza razionalizzando oltre 70 siti produttivi in Italia (sulla cui necessità tutti concordano) pregiudica irrimediabilmente il risanamento industriale del gruppo chimico essendo illusorio che lo stesso potesse essere raggiunto unicamente con la razionalizzazione dei nuovi investimenti senza chiusure di siti. Ma l’ulteriore considerazione più di carattere generale è che, in quegli anni così a ridosso del “miracolo economico”, l’assenza di quel tabù avrebbe probabilmente alleggerito la pressione scaricatasi nel decennio successivo, con evidenti benefici nel ricollocamento degli esuberi della grande industria.

Se alla mancanza della leva dell’efficientamento, aggiungiamo l’interconnessione dei cicli produttivi della petrolchimica, l’assenza di contabilità industriale e di dati economico finanziari attendibili, il proliferare di nuovi impianti chimici in concorrenza tra di loro, senza riguardo ai mercati di sbocco, promossi da concorrenti pubblici e privati ma tutti finanziati da contributi statali a fondo perduto per sostenere l’occupazione nelle aree più arretrate del Paese, e le difficoltà all’integrazione dei due management team, l’esito è scontato: impossibilità di risanamento industriale e sopravvivenza finanziaria affidata unicamente all’ incasso degli indennizzi annui ex nazionalizzazione elettrica (con gigantesco correlato spreco di risorse).

Un secondo ordine di ragioni che non deponeva a favore del successo della fusione erano collegate ad una “corporate governance” che, sulla base delle odierne categorie ma non solo, rappresenta una vera e propria “galleria degli orrori”. Il Sindacato è inizialmente composto (gennaio 1966) da società partecipate dalle stesse Montecatini (2,6%) e Edison (3.0%), gruppi privati (5,7%), IRI (2,4%) e Mediobanca (0,2%). La presenza dell’IRI nasce, come emerge dal documento 25, in conflitto di interesse industriale su tre specifici settori (alimentare, autogrill e tessile) in cui operava anche Montedison e, soprattutto, per “inertizzare” l’attività di lobbying dell’ing. Valerio ai danni dei gruppi pubblici IRI ed ENI mediante l’acquisizione indebita dei favori di deputati e senatori democristiani ( incredibile a pensarci, in presenza di una larga maggioranza parlamentare DC, Governo DC e vertici IRI ed ENI espressi dal Governo).

Per dire ancora su come parte il Sindacato: addirittura prima della firma, nel 1965, il dott. Cuccia e il prof. Visentini (IRI) passano in rassegna i possibili sostituti dell’ing. Valerio, tra cui il dott. Cefis, Presidente ENI. Passano neppure 18 mesi (doc 20 del 24 agosto 1967) e si presenta ENI portatore di un conflitto di interessi monumentale sul “core business “di Montedison (chimica e petrolchimica): si parte dall’ipotesi di costituire un Comitato tecnico finanziario tra i due gruppi per razionalizzare i nuovi investimenti e specializzare le produzioni per poi subito evocare l’acquisto di una partecipazione da apportare al Sindacato.

Nello spazio di un anno (complici anche talune difficoltà nei rapporti IRI FIAT) parte la “scalata” di ENI e IRI con l’acquisto sul mercato di circa il 4,4% del capitale Montedison. Per parare la critica di pubblicizzazione la quota apportata al Sindacato sarà limitata al 5,4%, pari a quella dei soci privati con la quota di Mediobanca considerata terza rispetto ai due schieramenti. Incredibilmente resiste l’ing. Valerio ma il Sindacato a trazione IRI ENI dilaga, decide, tra l’altro, gli organigrammi e le strutture organizzative, le politiche di ammortamento, la definizione degli utili di esercizio, la costituzione di comitato guidati da ENI per razionalizzare produzioni e investimenti.

In questa fase (tra il 1969 e il 1970) dalla lettura dei verbali è palpabile l’imbarazzato silenzio del dott. Cuccia, con Mediobanca indirettamente controllata dall’IRI il cui Presidente siede al suo fianco in Sindacato e, per rassicurare i privati, silenziosi anche in quanto titolari di quote minime, non manca di sottolineare la tradizionale indipendenza magnanimamente accordata alle tre BIN. In questa fase i compiti assegnati a Mediobanca sono strettamente tecnici/di segreteria, volti fondamentalmente a mettere sempre più alle strette l’ing. Valerio.

Finalmente, nella primavera 1970 (a oltre quattro anni di distanza dalla costituzione del Sindacato, fondato a mio avviso anche sull’obiettivo non scritto di metterlo sotto tutela/rimpiazzarlo), il nodo Valerio si scioglie con le sue dimissioni e alla presidenza sale il sen. Merzagora i cui primi atti sono il ripristino di una corretta “corporate governance” con riperimetrazione del ruolo del Sindacato a quello di azionista e l’avvio di una “due diligence” che, tra l’altro, scoperchia i fondi extracontabili gestiti dalla precedente presidenza.

La presidenza Merzagora dura però solo un semestre nel corso del quale si cerca di rafforzare senza successo il fronte privato e ENI predispone una sorta di piano di ristrutturazione del gruppo Montedison. La sua sostituzione evidenzia che le decisioni ormai si prendono altrove anche rispetto al Sindacato: la riunione del 10 dicembre 1970 indica alcuni nomi (tra cui spicca in negativo il primo della lista, quel Giuseppe Arcaini che di lì a poco sarà travolto dallo scandalo Italcasse) ma il 15 dicembre viene nominato Presidente l’on. Campilli che resterà in carica solo quattro mesi, posto che il 22 aprile il Sindacato, in adesione all’arbitrato del Governatore Carli (in rapporti improntati a reciproca stima e identità di vedute con il dott. Cuccia), indica per la presidenza Eugenio Cefis che abbandona l’ENI per sbarcare a Foro Buonaparte, lasciando il lettore desideroso di leggere le puntate successive.

Immagino che il dott. Cuccia abbia tirato un seppur temporaneo sospiro di sollievo: meglio un carattere forte e indipendente, di provenienza pubblica e quindi in grado di contenere l’IRI per potergli consentire maggiori margini di autonomia. E infatti, come si vedrà, lo “Schema di indicazioni programmatiche” del neo Presidente al Sindacato e al Consiglio Montedison ricalca fedelmente la bozza predisposta dal dott. Cuccia.

I documenti dall'Archivio Storico

I verbali hanno il pregio dell’immediatezza e conducono il lettore dentro all’Archivio di Mediobanca che conserva molte altre sorprese.

La presentazione del libro

Il volume viene presentato il 17 maggio 2023 presso la sede di Mediobanca.

L’Archivio storico di Mediobanca si arricchisce grazie alla pubblicazione dei documenti dal 1967 al 1973. L’archivio è digitalizzato e tutte le carte sono consultabili online. Questa nuova apertura segue quella del 2019 quando furono resi consultabili i documenti dei primi venti anni di attività, dal 1946 al 1966.