
Spiegare Mediobanca al pubblico
«Qui non intendiamo riferirci all’azione personale da svolgere (con visite, lettere particolari , ecc.) verso singoli nominativi interessanti ma alla propaganda generica che s’indirizza alla massa del pubblico o a determinate sezioni di esso. […]»
Questo stralcio fa parte di un memorandum «Propaganda della Mediobanca» del 6 maggio 1946 sul quale sono annotate a matita le decisioni sulla pubblicità per far conoscere la banca al pubblico. L’autore è Ercole Pizzoli, proveniente dal Credito Italiano, assunto come Direttore del Servizio Finanziario.
Per spiegare Mediobanca in un paese che cerca di «uscire dal labirinto delle sue rovine» occorre una strategia che investa più fronti.
Bisogna formare il personale delle tre BIN in quanto deputati a gestire materialmente la raccolta a medio termine e gli impieghi. Bisogna informare i clienti delle banche e i risparmiatori in generale, destinatari di materiale pubblicitario e di articoli a stampa.
Uno di loro, un anonimo che scrive nell’aprile del 1948 è la dimostrazione della necessità di questa azione. Non risparmia critiche ai tassi applicati alla raccolta e allega uno dei volantini distribuiti nelle filiali del Credito Italiano (erano personalizzati per ogni BIN). Azzarda addirittura una predizione sulla rapida fine di Mediobanca.
Un altro anonimo, due anni dopo, sempre commentando i tassi di interesse, rispedisce uno dei volantini promozionali con scritto: «Ma che sforzi!! State attenti che vi può venire l’ernia!!».
Smentiti dai fatti i due anonimi critici sono stati letteralmente archiviati.
Dal maggio 1946 inizia una serrata campagna stampa. Molti di questi articoli vengono inviati a tutti i direttori delle filiali delle tre BIN. Nel leggerli oggi, proviamo a leggerli con gli occhi di ieri, quando Mediobanca era una «novità assoluta nel campo del risparmio».
Merita infine una menzione speciale l’articolo di Ernesto d’Albergo del novembre 1946, «Struttura razionale e attualità di funzioni della Banca di Credito Finanziario (Mediobanca)», estratto dalla «Rivista Bancaria» e frutto di una lunga discussione tra Enrico Cuccia e l’autore.